lunedì 14 maggio 2012

SE POTESSE RIBELLARSI LA MIA OMBRA

                                                       

Se i miei oggetti potessero parlare
quando si è dato il giorno
direbbero lo spacco del sangue
chiuso nella mia testa ambulante
che intreccia fili rossi sulla fuga
di chi passa una casa mai stata.
Dall'ora dello strappo
c'è chi getta H mute sui piani del giorno
per cambiare
il senso
senza farsi vedere,
e chiama l'altro che sono io,
ma la verità non ha scarti 
impiccata a questa corde vocali.

Se potesse la mia persona,
cercherebbe un'altra faccia,
un'altra possibilità
e una nuova vendetta rossa
 impressa
sul muro bianco vicino alla scala
dove mia madre è morta impiccata.

Se potesse ribellarsi la mia ombra
sarebbe uno come me che ha ucciso quelli come me
lasciandosi morire.
Fuggirebbe là dove scirocco cessa
in posti che sono di tutti
perchè non sono di nessuno.

sabato 12 maggio 2012

LA PAROLA CHE RENDE ASSASSINO


Guardo le ombre confessarsi lungo le pareti,
assaggio della primavera in ginocchio,
di maggio che appende i bambini ai cancelli
e il flagello che passa le porte,
e la parola che rende assassino.

Bevi il sole
e dimentica di mangiare
al suono delle campane,
ditegli che Loro esistono
e mi hanno dato una parola che mi ha reso assassino.

Sparso il sangue del mio sangue
non tornerò in treno.
Credo che morirò.
Morire della morte del martire,
dell'uomo santo pieno di dio
mania dell'eterno,
deleterio segno di te
tutto dentro ti voglio
fino infondo,
all'osso,adesso
Amo.

Non tornerò in treno:
mani ragni sul mio corpo
intrecciano fili rossi che tornano a te.

PACE! infondo al mio matrimonio di fuoco,
nella tua gola i pomeriggi brevi della mia pelle
che gridano 
AVE
da quando ho ingoiato dio
e la parola mi ha reso assassino.

Chiedi a x se sa come si fa
ad avere tutto dentro,
se tutto s'insinua obliquo,
incidente della mia carne.

L'ho vista esposta nuda,
sprecata e sporca,
dallo stappo delle parole.

Crepa cuore!
e la fuga intorno al tuo scheletro
bianco
come il cielo concavo 
pieno del mio canto
senza
eco.

domenica 6 maggio 2012

TESTAMENTO DI UNA LUCCIOLA

Lucia chiuse le imposte e vide una piccola luce galleggiare nel buio. Una lucciola, rimasta intrappolata nella stanza, svolazzava nervosa e sbatteva contro le pareti. La ragazza seguì la sua scia con lo sguardo e desiderò possederla. Afferrato allora un vasetto si avvicinò lentamente e la catturò, poi, soddisfatta, si chinò sulla preda e guardò la piccola luce agitarsi un'ultima volta prima di andare a dormire. Quando fu sotto le coperte udì i tonfi sordi del corpicino contro il vetro e un frinire acuto levarsi dal fondo del vaso: 

"Liberami! Liberami!
Voglio tornare a specchiarmi nel fiume petrolio e a illuminare le veglie dei neonati! Io sono il lampione di quelli che vivono al buio, pietà di me e delle mie notti insonni!"

La ragazza, infastidita da tutto quel ronzare agitato che le impediva di prendere sonno, si alzò spazientita dal letto e, decisa a zittire la luce scosse il vasetto con rabbia. 
Guardò inorridita l'insetto che annaspava sul fondo del vaso dimenando frenetica le zampette secche e le ali spezzate: ora che a illuminare lo scheletro elettrico e i minuscoli organi non era rimasto altro che un flebile pulsare di luce in fondo allo stomaco la lucciola le sembrò disgustosa al pari degli altri insetti del giorno.

L'insetto riprese a ronzare debolmente: 
"Gli uomini non sanno cosa si prova a vagare ogni notte nel buio. Desiderano per capriccio possedere la luce, ma non la comprendono. Tu non capisci - non puoi capire - le parole che nascono dal mio ventre luminoso. Per te io non sono che un gioco che si esaurisce all'alba, ma la mia luce è la mia tragedia, e presto lo capirai. Io muoio. Io muoio uccisa e ti lascio il mio vestito di luce. Ecco il mio testamento: col mio vestito sarai condannata a rischiarare per sempre le notti degli uomini, a vagare, sola luce nel buio, per la strada, fino a quando nel buio non t'avranno soffocata." E mentre la sua luce si consumava, aggiunse: "Ti troveranno di palo in palo, ad ogni curva ferma, ai caselli autostradali quando il sole muore e ti desidereranno come un giocattolo. Di notte sarai il faro degli automobilisti e di giorno un insetto da schiacciare: ad ogni alba ti uccideranno. E capirai quanto fa male la luce che hai addosso."

Così, mentre nel petto della lucciola la luce diveniva sempre più fioca e lanciava gli ultimi, pietosi, segnali a intermittenza, un raggio colpì l'ombelico della ragazza e, come una scarica di corrente elettrica, l'attraversò dalla testa ai piedi.

Quando la luce si spense per sempre nel cuore dell'insetto un abito di paillettes dorate si era modellato sul corpo di Lucia che, invasato di luce, schizzò fuori di casa come un meteorite e, turbinando impazzita, raggiunse il ciglio della strada dove, per tutte le notti che le rimasero prima di spegnersi, danzò consumata dalle mani di vetro degli automobilisti di passaggio.