sabato 28 luglio 2012

gambero genesi gemito grido contagio crollo sangue era.




Corre il cervello gambero all'esordio delle civiltà
quando la nota scende e il bulbo dell'occhio s'illiquidisce,
dal cunicolo del nervo ottico sino al cuneo
crea il suo posto e trasmette l'impulso.

Del crollo sono il figlio,
dell'eterna primavera che nasconde cancrena
sotto ai letti dei bambini  nati
impiccati al cordone ombelicale,
della marea che riporta a galla i relitti.

Nello scisma della carne è la mia genesi,
nel gemito che divenne grido quando
mi gettarono nel nido del contagio
genitori violentati dalla loro menzogna,
vergogna di un padre castrato e una bambola gonfiabile.

Da allora nelle città di larghe vedute
sono il figlio di notti essiccate,
inaridite da chiacchiere di sale,
mormorio protratto sino all'osso nell'albe prostrata,
quando scade l'ultima traccia di umanità recessa.

Di figure di velluto, totem satellite di veglie idiote,
di sciami sismici e suicidi rituali sono il figlio,
e ogni sera ho sofferto la corsa del tempo costretto
quando sanguinando ho visto morire tutti i bambini
e scivolare nello scarico il grido dell'innocenza.

Un giorno l' ho vista stesa nuda sull'ostensorio,
esposto in vetrino lo strazio della sua pelle ostia,
e ho sofferto la traccia del sangue nel tramonto di un'era.