martedì 21 agosto 2012

VOLERE VIOLARE CASTRARE TUTTE LE VERGINI

Janssen Horst, "Erosted"

I cieli come scarlattina
e un uomo che chiudeva bambine in cantina.

Il desiderio infantile rappreso sul muro rosato è un coagulo  di silenzio.
E se non fosse che un dio mi ha cucito un sorriso sul volto
sarei già morta in quella cantina.

VOLERE VIOLARE CASTRARE TUTTE LE VERGINI

"Trasformeremo in risorse i rifiuti"
[ applausi ]

CONVERTIRE CORREGGERE CONGELARE

"Seppelliremo gli scheletri nell'armadio"

Tagliando tendini,
agonia di cartilagini.
[ applausi ]

PROCREARE ALLATTARE MANGIARE BAMBINI MORTI

"Sappiamo tagliare i ponti
e rendervi giovani e belli!"
[ applausi ]

Il desiderio infantile graffiato sul muro rosato è la piaga rossa silenzio:
MEMENTO.


Chiusi fuori, alberi di piombo e cieli che cadono.
Il prolasso del cosmo e tu vicino,
tu vicino che mi fai cadere col mondo
a precipizio
nell'orgasmo girotondo
del giardino segreto.

sabato 28 luglio 2012

gambero genesi gemito grido contagio crollo sangue era.




Corre il cervello gambero all'esordio delle civiltà
quando la nota scende e il bulbo dell'occhio s'illiquidisce,
dal cunicolo del nervo ottico sino al cuneo
crea il suo posto e trasmette l'impulso.

Del crollo sono il figlio,
dell'eterna primavera che nasconde cancrena
sotto ai letti dei bambini  nati
impiccati al cordone ombelicale,
della marea che riporta a galla i relitti.

Nello scisma della carne è la mia genesi,
nel gemito che divenne grido quando
mi gettarono nel nido del contagio
genitori violentati dalla loro menzogna,
vergogna di un padre castrato e una bambola gonfiabile.

Da allora nelle città di larghe vedute
sono il figlio di notti essiccate,
inaridite da chiacchiere di sale,
mormorio protratto sino all'osso nell'albe prostrata,
quando scade l'ultima traccia di umanità recessa.

Di figure di velluto, totem satellite di veglie idiote,
di sciami sismici e suicidi rituali sono il figlio,
e ogni sera ho sofferto la corsa del tempo costretto
quando sanguinando ho visto morire tutti i bambini
e scivolare nello scarico il grido dell'innocenza.

Un giorno l' ho vista stesa nuda sull'ostensorio,
esposto in vetrino lo strazio della sua pelle ostia,
e ho sofferto la traccia del sangue nel tramonto di un'era.

lunedì 14 maggio 2012

SE POTESSE RIBELLARSI LA MIA OMBRA

                                                       

Se i miei oggetti potessero parlare
quando si è dato il giorno
direbbero lo spacco del sangue
chiuso nella mia testa ambulante
che intreccia fili rossi sulla fuga
di chi passa una casa mai stata.
Dall'ora dello strappo
c'è chi getta H mute sui piani del giorno
per cambiare
il senso
senza farsi vedere,
e chiama l'altro che sono io,
ma la verità non ha scarti 
impiccata a questa corde vocali.

Se potesse la mia persona,
cercherebbe un'altra faccia,
un'altra possibilità
e una nuova vendetta rossa
 impressa
sul muro bianco vicino alla scala
dove mia madre è morta impiccata.

Se potesse ribellarsi la mia ombra
sarebbe uno come me che ha ucciso quelli come me
lasciandosi morire.
Fuggirebbe là dove scirocco cessa
in posti che sono di tutti
perchè non sono di nessuno.

sabato 12 maggio 2012

LA PAROLA CHE RENDE ASSASSINO


Guardo le ombre confessarsi lungo le pareti,
assaggio della primavera in ginocchio,
di maggio che appende i bambini ai cancelli
e il flagello che passa le porte,
e la parola che rende assassino.

Bevi il sole
e dimentica di mangiare
al suono delle campane,
ditegli che Loro esistono
e mi hanno dato una parola che mi ha reso assassino.

Sparso il sangue del mio sangue
non tornerò in treno.
Credo che morirò.
Morire della morte del martire,
dell'uomo santo pieno di dio
mania dell'eterno,
deleterio segno di te
tutto dentro ti voglio
fino infondo,
all'osso,adesso
Amo.

Non tornerò in treno:
mani ragni sul mio corpo
intrecciano fili rossi che tornano a te.

PACE! infondo al mio matrimonio di fuoco,
nella tua gola i pomeriggi brevi della mia pelle
che gridano 
AVE
da quando ho ingoiato dio
e la parola mi ha reso assassino.

Chiedi a x se sa come si fa
ad avere tutto dentro,
se tutto s'insinua obliquo,
incidente della mia carne.

L'ho vista esposta nuda,
sprecata e sporca,
dallo stappo delle parole.

Crepa cuore!
e la fuga intorno al tuo scheletro
bianco
come il cielo concavo 
pieno del mio canto
senza
eco.

domenica 6 maggio 2012

TESTAMENTO DI UNA LUCCIOLA

Lucia chiuse le imposte e vide una piccola luce galleggiare nel buio. Una lucciola, rimasta intrappolata nella stanza, svolazzava nervosa e sbatteva contro le pareti. La ragazza seguì la sua scia con lo sguardo e desiderò possederla. Afferrato allora un vasetto si avvicinò lentamente e la catturò, poi, soddisfatta, si chinò sulla preda e guardò la piccola luce agitarsi un'ultima volta prima di andare a dormire. Quando fu sotto le coperte udì i tonfi sordi del corpicino contro il vetro e un frinire acuto levarsi dal fondo del vaso: 

"Liberami! Liberami!
Voglio tornare a specchiarmi nel fiume petrolio e a illuminare le veglie dei neonati! Io sono il lampione di quelli che vivono al buio, pietà di me e delle mie notti insonni!"

La ragazza, infastidita da tutto quel ronzare agitato che le impediva di prendere sonno, si alzò spazientita dal letto e, decisa a zittire la luce scosse il vasetto con rabbia. 
Guardò inorridita l'insetto che annaspava sul fondo del vaso dimenando frenetica le zampette secche e le ali spezzate: ora che a illuminare lo scheletro elettrico e i minuscoli organi non era rimasto altro che un flebile pulsare di luce in fondo allo stomaco la lucciola le sembrò disgustosa al pari degli altri insetti del giorno.

L'insetto riprese a ronzare debolmente: 
"Gli uomini non sanno cosa si prova a vagare ogni notte nel buio. Desiderano per capriccio possedere la luce, ma non la comprendono. Tu non capisci - non puoi capire - le parole che nascono dal mio ventre luminoso. Per te io non sono che un gioco che si esaurisce all'alba, ma la mia luce è la mia tragedia, e presto lo capirai. Io muoio. Io muoio uccisa e ti lascio il mio vestito di luce. Ecco il mio testamento: col mio vestito sarai condannata a rischiarare per sempre le notti degli uomini, a vagare, sola luce nel buio, per la strada, fino a quando nel buio non t'avranno soffocata." E mentre la sua luce si consumava, aggiunse: "Ti troveranno di palo in palo, ad ogni curva ferma, ai caselli autostradali quando il sole muore e ti desidereranno come un giocattolo. Di notte sarai il faro degli automobilisti e di giorno un insetto da schiacciare: ad ogni alba ti uccideranno. E capirai quanto fa male la luce che hai addosso."

Così, mentre nel petto della lucciola la luce diveniva sempre più fioca e lanciava gli ultimi, pietosi, segnali a intermittenza, un raggio colpì l'ombelico della ragazza e, come una scarica di corrente elettrica, l'attraversò dalla testa ai piedi.

Quando la luce si spense per sempre nel cuore dell'insetto un abito di paillettes dorate si era modellato sul corpo di Lucia che, invasato di luce, schizzò fuori di casa come un meteorite e, turbinando impazzita, raggiunse il ciglio della strada dove, per tutte le notti che le rimasero prima di spegnersi, danzò consumata dalle mani di vetro degli automobilisti di passaggio.

lunedì 5 marzo 2012

SE LA LINGUA DEL VENTO


Se la lingua del vento nel camino canta
e il suo spirito scivola negli spifferi e sbatte
è ogni volta il sussulto della verginità,
verità gridata ai margini del bosco,
passeggiata della morte nella radura del suo occhio.

Se la lingua del vento canta
non smettere mai di sentire come chiama l'occhio,
come brilla la carne se si spegne la luce
nel battesimo sonoro dello scheletro.

Quando canta la lingua del vento
e arde un fuoco ossigenale
il mio idolo è il movimento:

quando lui tiene la morte dentro
e fa parlare lei che di cruciali silenzi
lo rende verboso maestro,
allora io sono colei che nasce per portare fuori.

Quando la lingua del vento
sparge pollini nelle sue pupille
e nella sua bocca la morte
getta un germoglio oracolare,
allora io sono colei che nasce per portare fuori.

Se la lingua del vento,
appesa al suo collo,
viene come un viandante
cantando ogni volta la verginità,
saremo larve sacre nutrite di noi stesse
a portare sulle ossa
un fuoco che non brucia.



lunedì 6 febbraio 2012

QUANDO SAREMO SCHELETRI DI SOLI SPARSI



Quando saremo scheletri di soli sparsi
radio-specchietti per le allodole,di civiltà lontane figli,
canteranno i nostri nervi bianchi nel solstizio d'inverno
intorno ad un fuoco già spento che fumai nostro,
raccontando fiabe inaudite di uomini ladri del tempo.

Sfamandoci della nostra luce ci insedieremo muti nel buio,
solo, china la sera chiamando spasmi,
orgasmi dei tendini.

Noi siamo dove già avete cercato
allarme fuori dei muri delle vostre chiavi.
Quale?
Pisciavate dai secoli dei secoli sulla vostra tragedia,
a custodire il bacio del vostro Getsemani.

Noi abominio delle vostre reliquie,
che se non fosse astuzia di organi
pulsanti sotto le ceneri,
sarebbe l'insulto per i morti sepolti vivi.


[scritto in collaborazione con http://nivangiosiovarascrisse.blogspot.com/ ]

sabato 14 gennaio 2012

IL CORPO PERFETTO



Il nuovo giorno ha in serbo un corpo perfetto
erede del derma che drena l'atto.

L'ho visto su dune ventose
ombelicale potenza di fiori di carne dischiudersi
e con ventagli di contagi verbali incoronarsi
ai lamenti lessicali del limbo fruttifero.

Ho visto sugli strati della pelle lunare
i moti di lombi lunatici effondersi
nell'eco secolare di strali di semi tesi.

Nelle sue piaghe abita il buon augurio,
risuona in fondo alla gola il canto del tempo.

Nella sintassi impazzita della sinapsi
è la sintesi dell' occhio,
sulle ossa l'anello di genesi ininterrotte,
nell'utero l'eterno intreccio del cosmo.

SENZA SOLE SIDEREO SILENZIO


Senza sole sidereo silenzio:
nei vicoli di ghiaccio cimiteri di elefanti
dormo nel buio sulle loro eterne carcasse.
Solo nel sole sento le forme cangianti.

Specialmente se Venere si veste di sere rosate
c'è l'attesa perlacea del tuo nome
germinato nelle pieghe delle mie terre
nel palpito leggero dell'estate
delle mie ossa cantanti.

Così nei solchi stanchi scavati dalla febbre
così nelle notti di nero latte colato
dalla morte delle stelle
il tuo credo solleva orizzonti correnti.

Allora di liberi aneliti correranno nell'alba piedi d'argento
nel tempo benedetto dal ritmo di sangue sparso,
picchieranno azzurri di tumulti attoniti i canti
lambiranno le volte del cielo, sorgenti.